La tintarella è una trincea della libertà (10/08/2015)

La tintarella è una trincea della libertà (10/08/2015)

La tintarella è un reato, non ci crederete ma hanno beccato una ragazza abbronzata nei quartieri a nord di Teheran e l’hanno multata, processata e ora rischia il carcere. Me lo dice un’amica reduce dall’Iran e conoscente della peccaminosa delinquente. È considerata un’aggravante portare gli occhiali da sole sulla testa. E non solo: è stato vietato ai tassisti iraniani sentire musica occidentale anche su richiesta degli utenti. Mi raccontava pure che l’ayatollah Kazem Sediqi ha sostenuto di recente che c’è un legame stretto tra i rapporti sessuali extraconiugali e i terremoti. L’adulterio è uno sciame sismico; non a caso i rapporti sessuali prevedono il moto sussultorio e ondulatorio… Immagino che gli tsunami derivino invece dai rapporti omosessuali. E la marea nera americana, da che porcate sessuali deriva? Ora capisco pure le accuse erotiche a Bertolaso degli ayatollah nostrani: il nesso tra castità e protezione civile è molto stretto. I massaggi producono violenti scosse, erotiche e telluriche.

Pensavo che la mia amica esagerasse, corro a documentarmi e ho conferma, sia delle parole dell’Ayatollah che della persecuzione iraniana per la tintarella e il resto. È previsto il carcere per le abbronzate, sembrano «manichini ambulanti», dice il capo della polizia della capitale iraniana, Hossein Sajedinia. Non oso pensare per le abbronzate con la lampada, saranno bruciate vive con la stessa lampada. L’accusa per le abbronzate è intelligenza col nemico, l’Occidente. Non sono affatto un nemico dell’Iran, rispetto l’Islam e non sono nemmeno un tifoso del consumismo americanizzato, ma qui siamo al delirio. L’abbronzatura sarà un segno di fatua vanità ma il divieto e la persecuzione dell’abbronzatura mi paiono un segno di demenza militante. Ma poi, siete proprio sicuri che l’abbronzatura sia una resa ai costumi occidentali? Il mito dell’abbronzatura è una vittoria del carattere meridionale, magari inconsapevole e solo epidermica. Capovolge i canoni estetici della candida bellezza e impone un modello terrone, negroide, esotico, tropicale. Altro che occidente. E per l’America, guidata dall’abbronzato Obama, è una rivincita dei neri e degli ispanici sui bianchi wasp, protestanti e nordici. Il segno di una colonizzazione a rovescio.

Nel mito della pelle scura gioca il fattore genetico, la matrice terrona; la questione sociale, ossia la fatica a cielo aperto di contadini, marinai e muratori; e il capriccio estetico, il desiderio di edonismo & vacanza.
Il primo regime che esaltò l’abbronzatura fu il fascismo e non tanto con faccetta nera ma con la pelle scura che celebrava il lavoro dei campi, il vitalismo macho e la plasticità dei corpi plasmati dal sole. Il primo leader abbronzato fu Mussolini, al mare di Riccione e nella battaglia del grano. Il ducione a torso nudo con la camicia nera naturale o di bianco vestito per far risaltare il nero, da figo o trebbiatore. L’abbronzatura passò poi da impronta popolana a marchio borghese e vacanziero, mentre l’abbronzatura fuori stagione (meglio se da barca o da montagna) fu il sigillo distintivo dell’alta borghesia più chic. La rivincita del Wasp bianchiccio è avvenuta di recente sull’onda del salutismo americano: il sole invecchia la pelle, i raggi ultravioletti nuocciono, attenti al melanoma e ai tumori della pelle. Precetti fondati, per carità, ma alimentano la rivincita della notte, dell’ombra, del bianco nord calvinista e puritano, sulla pelle solare e sul calore vitale.

L’abbronzatura come scopo e come mania, peggio se procurata artificialmente con le lampade, gli specchi o le creme, è una vanità fatua e kitsch; un po’ ridicola, giovanilista nelle intenzioni e vecchista negli esiti rugosi. Disdicevole per un politico, indice d’ozio e bella vita a carico nostro. Ma l’abbronzatura come effetto secondario di una vita alla luce del sole, esposta al mare, alla campagna e al vento, per lavoro, azione o lettura, è un segno di amicizia col mondo, di devozione a Madre natura e al Dio Sole. Quasi l’orma di una religione naturale che nulla toglie alla sera e alla serietà, o alla religione vera e propria, ma quasi le riveste, nella grazia del sole.

Difendo l’abbronzatura e la carnagione scura, non solo per fatto personale, né perché sono rimasto mentalmente fermo all’epoca cretina di Edoardo Vianello e di A-Abbronzatissima. Ma perché la pelle nera è il racconto di un rapporto d’amore col mondo, con l’aria aperta, con il mare e con la luce; è una specie di carta d’identità marchiata a fuoco, incisa sul proprio corpo, che rivela una sintonia a pelle con la terra e una devozione praticante al sole.

Il culto del sole vigeva nella antica religione persiana, quella di Zoroastro. Di fronte alla cupa inimicizia col sole dell’islamismo più oscurantista, vien voglia di rimpiangere le antiche civiltà del sole che dominarono l’Oriente, dall’Egitto all’India, passando per la Persia. Voi orientali ci avete insegnato la voluttà dei massaggi, delle cure del corpo e degli unguenti, la sensualità benefica delle acque termali. Perché vedere Satana dietro l’abbronzatura? Non dimenticate che i vampiri, da Dracula in giù, amano affondare i loro denti nei colli bianchi. Tornate al culto solare dei vostri avi e alle antiche religioni della Luce, lasciate stare le tenebre dei volti coperti, dei corpi sepolti vivi. Aprite le persiane.

Da Il Giornale del 17/06/2010

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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