Torna il duce, scappa la Raggi, l’America attacca

Lui è tornato. Ieri, mentre il Duce tornava in Italia nelle sale cinematografiche, temuto dall’establishment e invocato dalle popolazioni, il Washington Post pubblicava un allarmato articolo sulla nascita del museo del fascismo a Predappio, voluto dal sindaco del Pd Giorgio Frassineti.

Il giornale americano trova sorprendente che si eriga un museo proprio mentre i partiti di estrema destra crescono in Italia. Che gli americani abbiano sempre avuto un pessimo rapporto con la storia è noto; ma la recente furia iconoclasta di cancellare tutti i monumenti che ricordano il passato americano, da Cristoforo Colombo in poi, indica un peggioramento della salute mentale.

Quando all’ignoranza si aggiunge la censura nel nome del politically correct allora il risultato è l’amnesia coatta del passato. Si sa invece che il miglior modo per capire il passato, evitare i suoi errori e comprendere le ricorrenti nostalgie, è conoscerlo, farne sul serio la storia.

Invece no, Reset. Via gli storici, lasciamo la cattedra agli esorcisti, quelli che scacciano il passato come il demonio. Un modo per accrescere la curiosità storica e il fascino del proibito.

A proposito, a che punto è la furbesca mossa della Raggi, per farsi bella con la nuova virginità antifascista, di cancellare a Roma le vie dedicate a scienziati che si contaminarono firmando le leggi razziali?

Sul tema vorrei raccontarvi due cose.

La prima. Sulla scia della Raggi tanti hanno infierito contro quelli scienziati – come Nicola Pende, Arturo Donaggio, Edoardo Zavattari – che si macchiarono d’aver dato un avallo scientifico al manifesto della razza. Ma nessuno ricorda, a cominciare dalla Raggi, che a Roma c’è una via dedicata al giurista Gaetano Azzariti che dopo aver firmato il manifesto della razza, fu addirittura il presidente del Tribunale della Razza. Perché Azzariti è dimenticato nella lista degli infami?

Forse perché diventò il più stretto collaboratore del leader del Pci, Palmiro Togliatti al ministero di Grazia e Giustizia, dopo essere stato Guardasigilli con Badoglio. Ossia fiancheggiò il regime di Mussolini, poi fu nel governo di Badoglio, quindi braccio destro di Togliatti e finì ai vertici della repubblica antifascista. Infatti nonostante quei precedenti, come già scrivemmo, Azzariti diventò il primo presidente della Corte costituzionale fino alla sua morte nel 1961.

Un riciclaggio completo. Ma di Azzariti nessuno ne parla perché altrimenti si dovrebbe riaprire il capitolo di tutti quei sostenitori della razza, firmatari di manifesti e articoli in difesa della razza, che giurarono fedeltà al fascismo e poi voltarono gabbana e passarono col Pci, con la Dc, coi socialisti e i repubblicani, andarono al governo o comunque al potere. Vi risparmio gli elenchi ma sono risaputi.

Secondo episodio. Stella Pende, giornalista e conduttrice televisiva, ha scritto al Corriere della sera per difendere la memoria di suo nonno, Nicola Pende, pioniere dell’endocrinologia, gran scienziato, da anni crocifisso per aver ispirato e firmato il manifesto della razza. In realtà non esiste un documento firmato dagli scienziati, fa notare la nipote, ma ci fu solo una lista di nomi pubblicata sul Giornale d’Italia rispetto a cui il professor Pende insorse per l’inclusione.

Non entriamo nel merito della vicenda e delle effettive responsabilità scientifiche di Pende in materia di razza, ricordando che Pende fu pienamente assolto da ogni responsabilità nel 1948 dalla Corte di Cassazione e restò come uno dei luminari più famosi anche nell’Italia democratica e antifascista. Peraltro di razze parlavano quasi tutti i più grandi scienziati del tempo o precedenti a Pende.

A parte questa vicenda, è davvero assurda l’epurazione e la cancellazione di figure del passato riviste con gli occhi del presente: dovremmo cancellare una marea di monumenti, strade, piazze, università e perfino ospedali (do your remember Padre Agostino Gemelli?) perché fior di autori, pensatori, artisti, regnanti, scienziati si sono macchiati di soprusi, intolleranze e fobie.

È una follia il correttismo col senno di poi, con valore retroattivo. Lo dice pure Rutelli. E lo dico pure agli americani. Fermatevi, altrimenti cancellerete nel giro di pochi anni, nel vostro delirio epuratore, millenni di storia, arte e civiltà.

Finirete col cancellare Shakespeare, Caravaggio e Wagner, per citarne solo tre a caso… Per dedicare al loro posto le strade a un disabile, a una vittima del femminicidio, a un gay, a un trans, un nero, un ebreo, un rom e un migrante, come puri rappresentanti di genere. Salvo poi ritirare i nomi delle vie se si scoprirà che il disabile ha sparlato degli ebrei, il gay non poteva soffrire i neri e gli islamici, e via dicendo…

Persino in campagna elettorale, la bestia nera è ancora il fascismo, si può trattare con tutti, cani, porci e grillini, a patto che si dichiarino antifascisti.

Via tornate alla realtà, riconciliatevi con la storia, uscite da quell’incantesimo idiota che vi fa dividere l’umanità in due razze: i fascisti e gli antifascisti, e chi sta in mezzo si decida a scegliere da che parte stare se non vuole avere guai, anche con la giustizia.

MV, Il Tempo 2 febbraio 2018

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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