Tu sei Giorgia, e gli altri?
È la prima volta che una donna diventi leader politica di primo piano in Italia. È la prima volta che la destra venuta dal Msi e da An sfiori il venti per cento dei consensi virtuali e scavalchi nei sondaggi la sinistra venuta dal Pci e dall’Ulivo. È la prima volta che un leader della destra sociale e nazionale guidi un eurogruppo parlamentare conservatore. È la prima volta che un leader della destra capeggi le classifiche dei libri, nonostante i maldipancia e le censure. Giorgia Meloni è oggi il leader politico più in forma, più efficace in tv e più in crescita in Italia. La Meloni appare a tanti la leader più coerente e guida l’opposizione al governo Draghi d’unità nazionale.
Cinquant’anni fa di questi tempi, Giorgio Almirante riempiva le piazze e suscitava entusiasmi; ma alle urne non sfiorò mai il dieci per cento, fu ghettizzato, si fondarono archi costituzionali per escluderlo, si favorirono scissioni, guerre batteriologiche e terroristiche per tenerlo fuori. Ventisette anni fa fu la volta di Fini, eterno secondo di Berlusconi, ma cresciuto nei consensi e nella stima generale, che poi riuscì a dissipare quel patrimonio politico ed elettorale in poche mosse suicide: decise di liberarsi nello stesso tempo di Berlusconi e della sua destra. Ma Giorgia brucia le tappe e scavalca i precedenti della Casa, è in pectore la regina di un governo di centro-destra in coppia reale con Salvini. Prima o poi le allestiranno trappole e pacchi bomba, ma intanto…
È verità di cronaca, al di là delle preferenze politiche e delle scelte personali. E per chi è di destra e magari lo è stato anche quando era scomodo e raro dichiararsi tale, è motivo di orgoglio e di soddisfazione.
Io sono Giorgia, dice il refrain, il mantra, lo slogan vincente, che si è fatto titolo di un libro, che ha clamorosamente violato il dogma dell’incompatibilità tra destra e libri. Nel tempo delle quote rosa in cui si reclama il potere alle donne, vedere una donna tutt’altro che femminista in testa nei sondaggi, nelle vendite e nel gradimento politico, è una vittoria importante. Da altri versanti, l’unica al top è Chiara Ferragni…
Bene, tu sei Giorgia, ma gli altri? Tu sei Giorgia, e poi? Ecco, qui sorgono i problemi. Riconosciuto tutto questo per puro spirito di verità, con lo stesso spirito di verità chiediamo: ma che altro c’è a destra oltre la Meloni, che classe dirigente c’è al suo fianco, dietro di lei, in grado di passare dall’opposizione al governo del paese? Quali sono i nomi, i candidati, le figure di riferimento che possono poi trasformare il ciclone Giorgia in destra di governo? Qui ciascuno indica qualche nome, anch’io penso a qualcuno intorno a lei capace, ma il discorso si arresta subito. Certo, si potrebbe sbrigare la faccenda dicendo che in giro non c’è niente o quasi, il livello medio della politica è davvero basso, la sospensione della politica, la sottomissione a Draghi è lo specchio di un esaurimento e un impoverimento grave. A sinistra chi c’è? Cosa sono i grillini che si sono improvvisati classe di governo? Gli altri, anche alleati, come sono messi? E questo è sicuramente un argomento solido. Ma basta per non vedere il vuoto intorno alla Meloni? L’assenza di un investimento strategico in tutti questi anni per selezionare, formare, scovare, una classe dirigente all’altezza della situazione. L’assenza di un “mondo” di destra…
Giorgia oggi cavalca un vuoto generale e un voto d’opinione; ha più carica e più smalto degli altri, anche nell’ambito dello stesso centro-destra. Ma quando poi devono cercare soluzioni per i sindaci delle grandi città o per tamponare emorragie di amministratori, il primo impulso è invocare ottimi settantenni reduci dell’era berlusconiana: Albertini, Moratti, Bertolaso. E sul Quirinale poi non ne parliamo.
Per carità, la destra sconta in Italia la sua esclusione e ghettizzazione, le campagne di delegittimazione e demonizzazione; i suoi precedenti al tempo di Alleanza Nazionale sono finiti nel tritacarne mediatico e giudiziario, travolti dal fallimento inglorioso del loro leader Fini. I suoi sindaci e governatori non erano peggio dei loro dirimpettai di sinistra, ma con loro si è accanita la macchina mediatico-giudiziaria, li hanno fatti a polpette, devono nascondersi per sopravvivere negli anfratti della vita politica…
E allora resta aperto il caso Meloni: la sua forza è un voto d’opinione, prezioso in un tempo in cui si esprimono mezze opinioni conformi e si vedono mezze tacche, scarsi acrobati dell’arte di galleggiare. Ma basta un voto d’opinione e un ruolo da contro-influencer per farsi governo? Già sento gli entusiasti della Meloni accusarmi di disfattismo intellettuale; loro non ammettono dubbi, critiche costruttive, preoccupazioni preventive; chi s’astiene dalla lotta è ‘n gran fiio de mignotta, per dirla con un precursore; non si discute, non si obietta, o sei con noi o sei contro di noi. Capisco i politici, i loro tempi contratti, le loro finalità a breve raggio, l’agonismo e l’antagonismo competitivo… Ma qualcuno deve pensare la politica e non solo farla, qualcuno deve porsi i problemi del dopo e del resto e non fare volantinaggi, qualcuno deve ragionare liberamente e non affiggere manifesti… L’ha capito pure Giorgia e lo dice a proposito di menti libere, non intruppate.
Poi, certo, la vedi sugli scaffali messa a testa in giù, e ti senti solidale con lei; fai paragoni e lei risale nel giudizio; e il politicamente corretto è davvero insopportabile. Ma un’opinione in tv come si trasforma poi in efficace politica di governo, e con quali uomini, linee e sostegni? Così torna la domanda: tu sei Giorgia, va bene, e poi?
MV, Panorama n.25 (2021)