Dittatura della Memoria, ultimo atto

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Al monopolio della Memoria mancava solo la Giornata del Ricordo, dedicata alle foibe. Unica isola nell’arcipelago delle rievocazioni che ricordava ancora i crimini del comunismo ai danni degli italiani d’Istria e Dalmazia. Ora con l’occupazione ufficiale da parte dell’Anpi nella sede istituzionale del Senato, anche di quella esile fettina, abbiamo completato il giro, siamo nel regime totalitario della Memoria.

Ripercorro in una visione d’insieme le tappe di questo avvento.

Atto primo. La memoria storica viene via via cancellata nelle agende pubbliche e istituzionali, scolastiche e universitarie del nostro Paese. Scema nei programmi d’insegnamento, scivolano nell’oblio pubblico le date storiche eminenti, le commemorazioni ufficiali, l’interesse pubblico; insomma il rapporto con la storia è sempre più fievole e marginale. Si dimenticano eventi, personaggi e tradizioni che riguardano la nostra civiltà cristiana, italiana ed europea. Tutto quel che proviene dal passato o viene ridotto al presente, e forzosamente tradotto nel linguaggio politicamente corretto di oggi, o viene vituperato e rimosso. Non ci riguarda. Ignoranza pubblica, alzheimer di Stato.

Atto secondo. La storia da ricordare perde il respiro dei secoli, dei millenni, e si rimpicciolisce agli ultimi decenni, e verte solo su quanto è avvenuto in tema di fascismo e antifascismo. La storia comincia con la guerra di Liberazione, la civiltà comincia con la Costituzione repubblicana, l’Italia comincia dopo la guerra. Il Risorgimento passa in cavalleria, il Rinascimento viene studiato solo nell’arte, la romanità e il medioevo sono fantasmi dei secoli bui che hanno solo ricadute nei beni culturali; tutta la storia è ridotta a mezzo novecento. I conflitti storici non riguardano religioni, nazioni, imperi, dinastie, culture, visioni del mondo ma lo Scontro è tra Razzismo e Antirazzismo, nelle sue varianti secondarie: sessismo e femminismo, omofobia o omofilia, Nazi(onali)smo e Globalismo.

Atto Terzo. La Memoria storica viene monopolizzata dalla Shoah. Memoria uguale Olocausto e nient’altro. Memoria assume un significato assoluto, religioso, per cui tutto ciò che non si attiene strettamente al culto della Memoria e all’adorazione dei suoi officianti, viene ricacciato fuori dall’umanità, fuori dalla storia, fuori dalla legge. Ogni giorno i telegiornali ricordano Auschwitz e dintorni, c’è sempre un motivo, un pretesto, un personaggio, una data da ricordare. La tardiva scoperta di un sopravvissuto finora ignoto, la confessione dopo ottant’anni di silenzio che a casa sua nascondevano gli ebrei… La Giornata della Memoria è ogni giorno, è un’istituzione permanente, una preghiera quotidiana. Una rubrica fissa a cui dedicare uno spazio sacro e intangibile. Il comandamento è applicato anche in tutte le varianti: esprimere per esempio dissenso verso Liliana Segre significa condannarsi alla gogna pubblica, al vituperio decretato dalle istituzioni e può comportare la perdita immediata del posto di lavoro.

Atto Quarto. Il comunismo non è mai esistito, se non come un’idea benefica e generosa, deturpata da alcuni incauti dittatori, di cui si perdono le generalità nella preistoria. Ma sopravvive intatta la sua Utopia nell’alto dei cieli e guida il mondo all’uguaglianza e i migranti alla conquista dell’Occidente. Non c’è alcun ricordo pubblico di quei regimi, di quei massacri, di quegli eventi; e non c’è alcuna responsabilità storica in chi abbracciò il comunismo, sostenne i regimi più criminali, lavorò per il suo avvento in Italia. Il comunismo? Ma di che parli? È solo un’ossessione paranoica nelle vostre teste.

Atto Quinto. Anche l’esile Giornata del Ricordo che resisteva da pochi anni nel fiume di giornate della Memoria, viene estirpata e affidata in custodia all’Anpi, cioè ai pasdaran istituzionali della Memoria Coatta. Che se ne impossessano giocando d’anticipo sulla data. Naturalmente l’Anpi e i suoi intellettuali organici non raccontano le foibe se non come la reazione estrema alle malefatte del regime fascista. Non si ricordano gli atroci crimini compiuti dai comunisti, a migliaia, nel triplice nome di una guerra di classe, etnica e ideologica; non si ricordano le vittime che erano popolazioni civili, donne, preti, ragazzini, italiani che nulla avevano a che fare col regime fascista; non si ricorda il popolo di esuli, insultati dai comunisti sloveni e italiani, e costretti a fuggire dalle loro case, dalle loro terre, perdendo tutto; non si ricordano le responsabilità dei comunisti italiani che da Togliatti in giù appoggiavano l’opera dei partigiani di Tito; non si ricordano persino stragi come quella di Porzus – il 7 febbraio ricorrono i 75 anni – in cui i partigiani comunisti trucidano i partigiani non comunisti. No, tutto quel che accadde fu solo una reazione al fatto che c’era il regime fascista e opprimeva i non italiani. C’era il Male assoluto e ogni altro male era solo funzionale al Bene venturo. Dunque il Ricordo è solo una viuzza secondaria che sfocia nel Monumento alla Memoria della Lotta Assoluta del Bene contro il Male.

Così abbiamo completato il giro della memoria, girando la chiave della cella in cui è stata rinchiusa la verità storica, la libertà di ricerca, la revisione, la diversa interpretazione e la diversa testimonianza. È stato messo in sicurezza il nostro Paese, niente storia, solo Una Memoria Ufficiale di Stato. Niente ricordi diversi, solo Il Ricordo fornito dalla Ditta di Stato.

Fino a quando potremo ancora scrivere queste cose senza censura totale? È l’unica ombra che resta, l’ultima porta ancora socchiusa, prima di arrivare all’atto finale. C’è una variante rispetto ai regimi dittatoriali del passato: la dittatura in corso si chiama ufficialmente Libertà.

MV, La Verità 5 febbraio 2020

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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